Disdetta del contratto di locazione alla prima scadenza: regole e limiti per il locatore




Disdetta del contratto di locazione alla prima scadenza: regole e limiti per il locatore

La facoltà di disdetta del contratto di locazione da parte del locatore rappresenta un tema delicato, che richiede il bilanciamento tra l'interesse alla disponibilità dell'immobile e quello alla stabilità del rapporto.

Vediamo nel dettaglio come funziona questo istituto e quali sono i presupposti per esercitarlo legittimamente, distinguendo tra locazioni abitative e non abitative.

Disdetta nei contratti di locazione ad uso abitativo

Nei contratti di locazione ad uso abitativo (4+4 a canone libero o 3+2 a canone concordato), il locatore può comunicare disdetta al conduttore solo al termine del primo periodo (rispettivamente di 4 o 3 anni), con un preavviso di almeno 6 mesi.

Ma attenzione: non può farlo ad libitum, ma solo per i motivi tassativamente previsti dall'art. 3 della L. 431/98, tra cui:

Destinazione dell'immobile ad uso abitativo, commerciale o professionale proprio o di un familiare stretto

Disponibilità in capo al conduttore di altro alloggio idoneo nello stesso Comune

Mancata occupazione continuativa dell'immobile da parte dell'inquilino, senza giustificato motivo

Esecuzione di lavori di demolizione, ristrutturazione o sopraelevazione dell'edificio

Vendita dell'immobile a terzi, se il locatore non possiede altre abitazioni oltre a quella in cui vive (in tal caso sussiste il diritto di prelazione del conduttore)

La comunicazione di disdetta, a pena di nullità, deve indicare specificamente il motivo tra quelli consentiti, per permetterne la verifica.

Conseguenze del mancato rispetto dei motivi di disdetta

Se poi il locatore, rientrato in possesso dell'immobile, non lo destina entro 12 mesi all'uso dichiarato, l'ex inquilino può chiedere il ripristino del contratto o un risarcimento pari ad almeno 36 mensilità.

Sta al proprietario provare che il ritardo dipende da forza maggiore o giusta causa.

Decorsi otto anni dall’inizio della locazione per i contratti liberi e del biennio di proroga per quelli concordati, invece, il locatore può liberamente dare disdetta senza motivazione, sempre con 6 mesi di preavviso.

Disdetta nei contratti ad uso non abitativo

Per le locazioni commerciali, il discorso è parzialmente diverso. Alla prima scadenza, infatti, il locatore può negare il rinnovo solo per i motivi tassativamente indicati dall'art. 29 della L. 392/78, tra cui:

a) Adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;

b) Adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte di stretti familiari, di attività commerciali, artigianali, industriali o di interesse turistico, o all'esercizio di attività istituzionali se il locatore è un ente pubblico;

c) Demolire l'immobile per ricostruirlo, o procedere alla sua integrale ristrutturazione, restauro o intervento sulla base di un programma comunale pluriennale (in tal caso serve apposita licenza o concessione);

d) Ristrutturare l'immobile per rendere la superficie di vendita conforme alla L. 426/71 e ai piani comunali, sempre che le opere rendano incompatibile la permanenza del conduttore (anche qui serve licenza o concessione).

Per le specifiche locazioni alberghiere, il locatore può anche negare il rinnovo se intende esercitare personalmente o far esercitare a stretti familiari la stessa attività del conduttore, nel rispetto dell'art. 5 della L. 191/63.

In ogni caso, il locatore deve comunicare la disdetta, a pena di decadenza, almeno 12 mesi prima per le attività commerciali/artigianali/industriali, o 18 mesi prima per quelle alberghiere, specificando il motivo tra quelli consentiti.

Se non rispetta questi oneri formali e sostanziali, il contratto si intende rinnovato automaticamente.

Alla scadenza successiva, invece, può dare disdetta senza necessità di motivazione, manifestando semplicemente la volontà di non proseguire oltre il rapporto, sempre con preavviso di 12 mesi.

In entrambi i casi, però, il conduttore uscente ha diritto a un'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, pari a 18 mensilità dell'ultimo canone (21 per le locazioni alberghiere), purché l'attività svolta comporti contatti diretti con il pubblico.

Indennità che addirittura raddoppia se, entro un anno dal rilascio, l'immobile viene destinato da chiunque (anche dal locatore stesso) alla medesima attività o ad altra affine compresa nella stessa tabella merceologica.

Ciò per evitare indebiti arricchimenti a danno dell'avviamento creato dal conduttore.

Adempimenti e sanzioni

La disdetta comporta poi, per entrambe le parti, alcuni oneri formali:

Versamento dell'imposta di registro di 67 euro con F24 (a carico del locatore, che può rivalersi per metà sul conduttore)

Comunicazione della risoluzione all'Agenzia delle Entrate con modello RLI

Restituzione della cauzione all'inquilino, previa verifica dello stato dei locali

Il tutto con l'eccezione delle locazioni in cedolare secca, per le quali basta la comunicazione con l'RLI.

In caso di disdetta illegittima o non seguita dalla destinazione dichiarata, il conduttore può chiedere il ripristino del contratto, il rimborso delle spese di trasloco o il già citato risarcimento, salva la prova liberatoria del locatore.

Conclusioni

La facoltà di disdetta anticipata del locatore, specie nelle locazioni abitative, è dunque sottoposta a rigidi limiti sostanziali e formali, a tutela della posizione del conduttore.

Presupposti che vanno attentamente vagliati e rispettati, per non incorrere in spiacevoli conseguenze risarcitorie. Meglio affidarsi a professionisti esperti per gestire al meglio questo delicato passaggio, cercando un equilibrio tra le contrapposte esigenze di stabilità e di disponibilità dell'immobile.

Perché se è vero che la casa è il "bene primario" del proprietario, è altrettanto vero che rappresenta il "centro di vita" del conduttore, e come tale merita adeguate garanzie di conservazione.

Un difficile bilanciamento, che solo il rigoroso rispetto delle regole può assicurare.

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