Concordato minore e morte del debitore: la decisione spetta agli eredi




Concordato minore e morte del debitore: la decisione spetta agli eredi

La morte del debitore durante una procedura di concordato minore solleva delicate questioni sulla prosecuzione o meno del procedimento. Una recente pronuncia del Tribunale di Vicenza fa luce sulla questione, stabilendo che in questi casi il giudice deve assegnare un termine agli eredi per valutare se e come portare avanti la procedura avviata dal de cuius.

La lacuna normativa e le soluzioni giurisprudenziali

Il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII) disciplina espressamente la fattispecie della morte del debitore solo per la liquidazione controllata (art. 35), prevedendo la prosecuzione della procedura nei confronti degli eredi o del curatore dell'eredità giacente.

Per le procedure di sovraindebitamento negoziali, come il concordato minore e la ristrutturazione dei debiti del consumatore, manca invece una previsione ad hoc. La giurisprudenza ha cercato di colmare questa lacuna, con soluzioni non sempre univoche.

L'applicazione analogica dell'art. 12 l. fall.: un dibattito aperto

Parte della giurisprudenza, sulla scia di quanto affermato dalla Cassazione per il concordato preventivo, ha ritenuto applicabile in via analogica l'art. 12 della legge fallimentare (oggi art. 35 CCII), considerata la natura para-concorsuale delle procedure di sovraindebitamento.

Questa soluzione, tuttavia, non convince pienamente la dottrina, che sottolinea le differenze tra la liquidazione fallimentare e l'esecuzione di un concordato, caratterizzata più da elementi di separazione patrimoniale che da profili prettamente concorsuali.

La scelta rimessa agli eredi: una soluzione più flessibile

L'orientamento prevalente, seguito anche dalla pronuncia in commento, ritiene preferibile rimettere agli eredi la decisione se proseguire o meno la procedura di concordato minore, con la possibilità di apportare modifiche al piano originario.

Questa soluzione appare più rispettosa delle specificità del caso concreto e dell'autonomia decisionale dei successori, chiamati a valutare la fattibilità e la convenienza della continuazione del procedimento alla luce del mutato scenario.

Ristrutturazione del consumatore: un discorso a parte

Per la ristrutturazione dei debiti del consumatore, il ragionamento potrebbe essere diverso. Spesso, infatti, i piani omologati si basano su risorse reddituali o pensionistiche destinate a venir meno con la morte del debitore, rendendo di fatto impraticabile la prosecuzione in capo agli eredi.

Anche qui, comunque, occorrerà una valutazione caso per caso, non potendosi escludere a priori la volontà e la possibilità dei successori di dare seguito al piano del congiunto defunto.

Conclusioni

In attesa di un intervento chiarificatore del legislatore, la giurisprudenza sta cercando di definire un equilibrato criterio di gestione delle procedure di sovraindebitamento in caso di morte del debitore, che contemperi le esigenze di tutela dei creditori con il rispetto delle prerogative successorie.

La soluzione di coinvolgere attivamente gli eredi nella scelta sul futuro della procedura appare al momento la più ragionevole, in quanto idonea a valorizzare le peculiarità delle singole fattispecie senza imporre automatismi non sempre appropriati.

Un approccio flessibile e dialogico, che responsabilizza i successori senza comprimerne l'autonomia decisionale, in un'ottica di bilanciamento degli interessi in gioco e di adattamento alle mutevoli circostanze della vita.

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